Art. 33
MOBBING E MOLESTIE SESSUALI
Il diritto all’eguaglianza dinanzi alla legge ed alla tutela contro la discriminazione per tutti gli individui costituisce un diritto riconosciuto dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla convenzione delle Nazioni unite sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, dalla convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, nei patti delle Nazioni Unite relativi ai diritti civili e politici e ai diritti economici, sociali e culturali, nonché dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e v delle libertà fondamentali della Comunità europea.
Relazioni interpersonali improntate al rispetto reciproco, in cui ciascuno è tenuto a rispettare la dignità e la personalità dell’altro e in cui ciascuno ha diritto ad essere rispettato nella propria dignità e personalità, sono condizioni imprescindibili per la tutela della dignità della persona di cui l’organizzazione aziendale è tenuta a farsi carico, promuovendo le iniziative opportune a vietare e contrastare le azioni lesive di tali diritti.
Costituisce violazione degli obblighi contrattuali ogni comportamento, verbale o di altro tipo, riconducibile a molestie, molestie sessuali, discriminazioni e mobbing.
Le lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, secondo quanto definito dall’art. 24, D.lgs. n. 80 del 2015, hanno diritto di astenersi dal lavoro per un periodo di 6 mesi, di cui almeno 4 pagati, per i motivi connessi a tali percorsi,
La dipendente potrà usufruire di tale congedo, nell’arco temporale di t scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria.
Durante il periodo di congedo di cui sopra, alla lavoratrice verrà erogata un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione
molestie, discriminazioni
Le molestie riferite al sesso di una persona e le molestie sessuali sono lesive dell’integrità della persona e contrarie al principio di non discriminazione. Le parti assumono le definizioni indicate dalla Direttiva europea 2002/73:
discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga;
discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
molestie; situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo;
molestie sessuali: situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma fisica, verbale o non verbale, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare creando un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Ferini restando l’inammissibilità di ogni atto o comportamento che si configuri come molesto e discriminatorio, il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ad essere trattati con dignità, ad essere tutelati nella propria libertà personale, a denunciare atti e comportamenti molesti e le eventuali, conseguenti intimidazioni e ritorsioni, la valutabilità di tali comportamenti ai sensi delle disposizioni nominative e contrattuali vigenti, CAI si impegnano a promuovere iniziative di informazione e formazione atte a diffondere e sviluppare una cultura improntata al pieno rispetto della dignità della persona.
Iniziative di informazione, formazione e prevenzione saranno concordate tra le parti a livello aziendale, territoriale e/o regionale.
mobbing
Si identificano come mobbing atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico e abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie, aventi come fine la destabilizzazione psicologica di chi li subisce e che comportano degrado delle condizioni di lavoro che possono compromettere la salute, la professionalità, la dignità del lavoratore nell’ambito dell’ufficio di appartenenza o, addirittura, tali da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento.
Tali atti, atteggiamenti, comportamenti, miranti a discriminare, screditare, danneggiare il lavoratore nella propria carriera e status, da chiunque perpetrati, superiori, pari-grado, inferiori e datori di lavoro, sono da considerare violenze morali e persecuzioni psicologiche vietate e tali da rendere illegittime le variazioni delle condizioni di lavoro da esse originate.
In riferimento anche alla risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2001, le Parti riconoscono la necessità di promuovere adeguate e opportune iniziative al fine di monitorare, contrastare, prevenire situazioni che sempre più spesso hanno gravi conseguenze sulla salute fisica e mentale del lavoratore, nonché per migliorare la qualità e la sicurezza dell’ambiente di lavoro.
A tal fine CAl si impegna a promuovere iniziative di informazione e formazione tese a prevenire il verificarsi di fenomeni di tale genere.
Parimenti, a livello aziendale, saranno concordate con RSU/RSA, RLS campagne diazione per tutti i lavoratori e di formazione specifica per RLS per l’individuazione dei sintomi e delle cause, per la valutazione del rischio e la definizione degli interventi di prevenzione e gestione degli eventuali casi di mobbing.